Rinaldo Orlandi racconta: “Un giorno del 1935 eravamo in Africa ad Amba Aradam a 15 Km Macallè”. Piovigginava all’adunata mattutina il col. De Simone sibillinamente avverte ”oggi è giorno di battesimo”.
Si fanno su le robe, si va. La montagna è alta circa 3000 metri. Si sale. Del nemico nessuna traccia, nessun cenno, si pensa che sia chissà dove. Saliamo con moschetto in spalla si parla. Ma d” improvviso verso le ore 9 la montagna si anima e da tutte le parti mimetizzati con rami e frasche, sbucano soldati abissini con i quali ci troviamo faccia a faccia e che ci sparano addosso. Noi non siamo preparati. I moschetti sono ancora chiusi. Ci sparpagliamo alla rinfusa, e tentiamo una ormai tardiva difesa. La paura le pallottole che sibilavano la mancanza di ordini: un dramma, li sulla montagna. In verità un ordine c’era quello macabro del nostro capitano, un genovese zoppo, volontario, che tuonava furibondo. “Non scappate senno vi uccido io con questa”. Rinaldo Orlandi bersagliere richiamato di 24 anni classe 1911, trova una rupe e visi appiccica. Starà li tutto il giorno in un fragore di guerra, intorno a lui anche altri soldati trovano nascondigli del genere. Ma per due bresciani è tragica inutile fine.
Come per altri 168 bersaglieri Italiani morti. Erano in 3000 al mattino nel 3° Rgt. : Orlandi nella prima compagnia 20° Btg. La battaglia continua : ogni volta che Orlandi si azzarda a mettere il naso fuori dal riparo di fortuna sibilano pallottole di morte. Arrivano rinforzi un battaglione di fanti con 350 mitraglie. E si scatena l” inferno. Nel pomeriggio verso le 15 arri- va anche l’ aviazione con operazioni a rasoterra. Verso le 6 di sera si smette di sparare. La montagna è conquistata. Gli abissini del Negus battono in ritirata. Ci si assesta tuttavia in quella posizione per tutta la notte con turni di guardia. Due ore toccano anche a Orlandi che si prende una paura dell’ostrega quando gli arriva vicino una iena che rovistava fra i cadaveri. “ma non potevo mica sparare sennò era come un allarme”. Per Orlandi sono 18 mesi di Etiopia. Mussolini, ministro, il 18.12.36, gli manda una medaglia di bronzo “per le operazioni militari in Africa Orientale”. Orlandi inoltre è insignito anche della Croce al Merito di guerra. Dopo la battaglia del1′ Amba Aradam il bersagliere Orlandi passa al Genio : “prendevo sette lire al giorno e si mangiava bene”. Con i soldi risparmiati, al ritorno a casa a Scanzorosciate, compra una mucca, un asino, un carrettino. Un giorno, in Africa l’Orlandi lo legano al palo della gogna. Un” amico bergamasco lo aveva invitato ad una festicciola nel proprio battaglione. C’è da mangiare, l’Orlandi va. Quando torna i suoi compagni non ci sono più, partiti d’urgenza. Va allora al comando tappa, poi al Fort Cadorna. Si ricongiunge. Ma per punizione lo legano a un palo come un salame. Mosche e moscerini gli si infilano ovunque in bocca, nel naso, negli occhi, nelle orecchie. Finché non ce la fa più e dopo un ora (la pena era di due ore) da fuori da matto in dialetto bergamasco : che si vergognino a trattare cosi un soldato con parenti morti in guerra e colpevole di una mangiata e di una bevuta. Lo slegano. Pace Amen. Rinaldo Orlandi e stato attivissimo bersagliere della sezione di Seriate. Adesso si è un po’ calmato, ma ha venduto regolarmente il blocchetto per la sottoscrizione di premi alla sezione. Da 53 anni abita a Seriate, da 30 in una casa del ‘700 in affitto ; gli fa dolce compagnia la gentile moglie, ha tre figli e alcuni nipoti che lo tirano matto. E lui si diverte un sacco. La guerra, la paura, gli stenti, i pidocchi, gli spari : svaniti come un sogno. Per fortuna.